COS’È L’ORDO LIBERALISMO TEDESCO?

Si sente parlare nel dibattito politico ed economico di ordo liberalismo o Ordoliberalismus ma di cosa si tratta?

L’ordoliberalismo è una corrente di pensiero politico ed economico che si è sviluppata in Germania nella prima metà del Novecento. Conosciuta anche come “scuola di Friburgo” ebbe tra i suoi più autorevoli esponenti un economista Wilhelm Röpke. Gli ordoliberali tedeschi tra l’altro furono tra i maggiori ispiratori della nuova Costituzione della Repubblica Federale Tedesca sorta dalle ceneri del Terzo Reich.

Ma cominciamo dall’inizio, innanzitutto il termine Ordo che dà il nome a questa corrente di pensiero deriva da quello di una rivista fondata nel 1936 da Walter Eucken, professore di economia a Friburgo. Questo periodico di carattere teorico riuniva economisti e giuristi che erano contrari alle teorie keynesiane molto diffuse all’epoca. Il fondatore Eucken, che insegnò durante il periodo nazista, dopo la guerra divenne uno dei maggiori consiglieri di un altro economista Ludwig Erhard il quale ricoprì importanti incarichi istituzionali e fu anche eletto deputato cristiano democratico e nel 1951 il presidente Adenauer lo nominò ministro dell’economia.

Ehrard fu colui che definì i capisaldi di quella che fu chiamata “economia sociale di mercato”, la versione tedesca del capitalismo conservatore. Ebbe tra i suoi consulenti e collaboratori altri professori che provenivano dalla rivista “Ordo”, come il già citato Röpke, ma anche Franz Böhm, Alexander Rüstow, Alfred Mükker Armack. Questi studiosi svilupparono i concetti che sono alla base sia della Costituzione tedesca, sia della economia sociale di mercato, quello che è stato il modello di sviluppo che ha consentito il cosiddetto miracolo economico tedesco nel dopoguerra, sia la base teorica sulla quale è stato definito il quadro giuridico di molte istituzioni dell’Unione Europea.

Gli ordoliberali partono da un’analisi della crisi del capitalismo mondiale dopo la Prima guerra mondiale che trova il suo apice nel crollo finanziario di Wall Street nel 1929 e poi nella devastante crisi economica che ne consegue, ma anche dei regimi totalitari che si affermano in Europa, prima quello bolscevico in Russia, poi quello fascista in Italia e quello nazista in Germania. La crisi del capitalismo viene affrontata secondo gli ordoliberali con politiche economiche illiberali che vanno dalle politiche keynesiane applicate dall’amministrazione Roosevelt negli Stati Uniti o nel Regno Unito, alle politiche corporative e protezionistiche dell’Italia fascista o della Germania nazista, all’economia pianificata di matrice sovietica. Tutte queste risposte alla crisi, per gli ordoliberali sono fondamentalmente sbagliate in quanto antiliberali. Qualunque politica economica di tipo interventista, cioè che preveda un intervento dello Stato nell’economia è sbagliata, porta alla crescita dei poteri dello Stato e alla riduzione degli spazi di libertà degli individui. Il regime nazista in Germania e quello sovietico in Russia ne sono l’incarnazione peggiore.

Per gli ordoliberali non può esistere il primato dell’individuo sulla collettività come sostengono i liberisti puri, quelli che pensano che il mercato sia un meccanismo perfetto che ha in sé i meccanismi per autoregolarsi e che quindi non deve esserci alcun intervento dello Stato nell’economia perché andrebbe a modificare la razionalità del mercato e a creare pericolose disfunzioni. D’altro lato non può esserci nemmeno il primato della collettività e quindi dello Stato sugli individui come avvenuto nei regimi fascisti o in quelli di stampo comunista. Per gli ordoliberali gli individui e lo Stato sono sullo stesso piano e debbono trovare un equilibrio in quanto l’esistenza sociale degli uomini si esplica in diversi ambiti ma non esiste un ordine gerarchico tra i diversi ambiti. Compito dello Stato non è quello di intervenire direttamente nelle faccende economiche ma quello di creare un quadro di regole, di norme giuridiche all’interno delle quali l’economia di mercato possa sia funzionare in maniera efficiente, sia in maniera equa, tutelando i diritti individuali. La sfera economica, quella politica e quella giuridica debbono essere armonizzate in quanto sono strettamente legate e influenzano direttamente la vita degli individui. Compito della politica sarà quindi quello di definire un insieme di regole, un ordine (appunto!), nel quale il capitalismo o, se si preferisce, il mercato possa svilupparsi in maniera efficiente quindi in regime di concorrenza perfetta e di stabilità monetaria e allo stesso tempo in maniera equa. Le attività economiche quindi non vengono lasciate libere di svilupparsi senza alcun vincolo ma debbono svilupparsi all’interno di un quadro di regole. Quest’ordine giuridico rende possibile il funzionamento dell’economia di mercato che, altrimenti, lasciata a se stessa, diventerebbe una sorta di legge della giungla dove vige la regola che il più forte vince su tutti. La politica deve in un certo senso mettere dei paletti precisi allo svolgimento dell’attività economica ma non deve poi intervenire come attore economico nel libero manifestarsi delle forze di mercato. Va garantita la libertà economica ma vanno tutelati anche i diritti degli individui.

 

 

 

 

   

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